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‘Trallallero Tallallà’ e il delirio brain rot: cosa stanno davvero guardando i nostri figli

Tra animali mutanti e filastrocche che finiscono con una bestemmia, il fenomeno brain rot è ormai una vera e propria epidemia virale. Ma cosa c’è dietro questi video?

Basta avere un figlio dai 5 anni in su per accorgersene. Dieci minuti su YouTube, magari in un momento di distrazione, per ritrovarsi a sentire una canzoncina che parte con Trallallerò Trallallà e finisce con una bestemmia sparata in loop. Istintivamente si blocca il video, si guarda lo schermo increduli, ma quei contenuti tornano. Sempre. Come un virus. E, proprio come avvenne con il Covid-19, non si capisce bene da dove arrivino né perché siano ovunque.

‘Trallallero Tallallà’ e il delirio brain rot: cosa stanno davvero guardando i nostri figli (credit: youtube @sium) ocagiulivamilano.it

Così si prova a guardarli con attenzione. E si entra in un mondo surreale: bastoni parlanti con altri bastoni in mano, squali con le Nike, coccodrilli che minacciano bombardamenti in zone già devastate. Una miscela di assurdo e tossico che spiazza, soprattutto se si pensa che altri video simili – pur demenziali – almeno evitano certi eccessi. E allora ci si chiede: è nato prima il video o il suono? Un po’ come l’uovo e la gallina.

Trallalero Trallalà, bestemmie e cammelli con il corpo di un frigo: la deriva virale dei brain rot italiani

Sembra un delirio generato a caso, ma è un trend che spopola tra bambini e ragazzini. Squali con le Nike, giraffe spaziali, coccodrilli in versione bombardiere e una filastrocca che parte con Trallalero Trallalà e finisce in bestemmia. È l’universo dei brain rot italiani: contenuti senza un senso logico, animazioni disturbanti, voci meccaniche e rime surreali. Un cortocircuito perfetto tra trash, Intelligenza Artificiale e audio virale.

Trallalero Trallalà, bestemmie e cammelli con il corpo di un frigo: la deriva virale dei brain rot italiani (credit: youtube @sium) ocagiulivamilano.it

Come ricostruito da Daniele Polidoro, tutto parte da una registrazione su un peluche, riprocessata e diventata virale su TikTok. Poi è arrivata l’AI a rendere tutto più semplice e replicabile. Bastano CapCut, qualche effetto visivo e una voce sintetica. Il risultato? Milioni di visualizzazioni in pochi giorni.

Il senso di questi contenuti viene raccontato proprio come ‘l’effetto del deterioramento celebrare’ dovuto da contenuti spazzatura. Ma il fatto non è nemmeno il livello basso, ma ciò che ne fanno gli utenti pronti a riprodurne il trend. Le censure diventano aggirabili, così come la decifrazione di cosa è adatto ad un pubblico minore e cosa no. La portata del fenomeno è tale che alcuni video sono finiti persino su YouTube Kids, dove sono stati rimossi solo dopo diverse ore. Non abbastanza in fretta, considerando che girano indisturbati tra bambini delle elementari.

E come ogni trend virale che si rispetti, è arrivata anche la fase del merchandising. In edicola si trovano già le carte brain rot, promosse da editori come Skifidol, gli stessi dietro collezioni di figurine trash e giochi per ragazzi. Paradossale? Forse. Ma funzionano: i personaggi assurdi vengono raccolti, scambiati e collezionati come se nulla fosse. Il problema, ad oggi, è che il brain rot non è più solo un meme, ma un prodotto commerciale e – volenti o nolenti – uno specchio del tipo di contenuti che oggi attirano, confondono e vendono.

Daniela Guglielmi

Potrei dire di essermela cercata, ma la verità è che la scrittura ha trovato me. Classe '94, scrittrice per caso e oggi redattrice a tempo pieno. La mia avventura con la scrittura è iniziata per gioco, quando qualche anno fa ho mollato tutto per ritrovare me stessa. Da allora collaboro con diverse riviste e blog, trasformando un semplice passatempo in una carriera a tempo pieno. Non amo la superficialità: mi nutro di approfondimenti e cerco sempre di andare oltre l'apparenza delle cose.

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