Al supermercato o in pescheria, non è così difficile imbattersi in carne di squalo. Il problema è che nessuno la riconosce
Sul banco del pesce fresco o nel reparto surgelato, molti tranci rivelano un rassicurante colore bianco perlato. Si tratta di solito di filetti privi di spine, belli e pronti per essere cucinati. Ma, però, fra le indicazioni dei prodotti c’è scritto che quella è carne di squalo. Eppure, è assai probabile che dietro altri prodotti si nasconda proprio della carne del famigerato predatore dell’oceano.

Partiamo da un dato di fatto: la carne di squalo è commestibile. Anzi, in molte zone del mondo è assai ricercata. In Cina, nel Sud-Est asiatico in genere e in Islanda e Norvegia, la carne di alcune specie di squalo è normalmente venduta e consumata. Succede lo stesso anche in Italia, dove più o meno consapevolmente finisce in tavola. Ci sono alcuni chef che ne fanno esplicita richiesta. La usano perché è una carne versatile, ricca, non così costosa e comoda.
Comoda perché non ha spine, funziona nelle fritture di pesce misto, in umido e alla griglia. Anche nei ristoranti cinesi si usa molto lo squalo. La zuppa di pinne è considerata una prelibatezza. Ma in tutti questi casi si tratta di un consumo consapevole. Cerchi squalo e mangi squalo, insomma.
La carne di squalo venduta con un nome rassicurante: come riconoscerla
Poi c’è la sorpresa. Secondo alcuni recenti studi, un italiano su tre ha mangiato carne di squalo senza saperlo. Succede perché le etichettatura non è chiara e i distributori cercano di smerciare il prodotto spacciandolo per altro. Quando c’è un’etichetta più precisa, spesso il prodotto è presentato con un nome comune più ambiguo, proprio per non permettere al rivenditore e poi al consumatore di identificare chiaramente la specie.

E così, pur non volendo o non sapendo, l’Italia è tra i primi cinque importatori al mondo di carne di squalo. Si parla di quasi 50.000 tonnellate importate dal 2017 a oggi. Bisogna quindi far attenzione ai nomi. Il nome verdesca (Prionace glauca), per esempio, indica lo squalo azzurro. Il palombo (Mustelus mustelus), invece, è uno squaletto pescato soprattutto in Sardegna. Con il nome gattuccio (Scyliorhinus canicula) si indica un predatore dei fondali sabbiosi. Anche i nomi spinarolo (Squalus acanthias) e smeriglio (Lamna nasus) possono sembrare innocui, ma indicano squali spesso minacciati o vulnerabili.
Questo è il grande problema: gli squali sono predatori apicali, fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi marini. E ogni anno, centinaia di milioni di squali vengono cacciati e poi uccisi. Ecco perché molte specie sono a rischio estinzione, soprattutto nel Mediterraneo. Non è tutto: la loro carne può contenere metalli pesanti (mercurio e piombo). Ci sono dunque dei rischi per la salute, soprattutto per bambini e donne in gravidanza.
La carne del predatore può finire nei prodotti ittici trasformati, inclusi quelli etichettati come tonno o pesce spada, soprattutto quando venduti in forma già lavorata, sfilettata o in scatola. Attenzione quindi alle filiere non certificate e non sostenibili.